Caratteri & Demoni
Ho finito di leggere "L'educazione" di Tara Westover. Questo romanzo ha avuto la sfortuna di giungere dopo la lettura di "Una vita come tante" di Hanya Yanagihara, che mi aveva fatto gridare al miracolo (poi alcuni amici se ne sono detti delusi, ma questo è un altro discorso). Avevo abbandonato la lettura dell'Educazione dopo qualche decina di pagine: mi annoiava e mi sentivo sin troppo legato al romanzo della Yanagihara e al senso di perdita che continuavo a provare dopo averlo concluso (credo che nessun altro romanzo avrebbe potuto reggere a questa prova). Quindi c'è stato il mese a York, durante il quale non ho letto nulla.
Comunque sia, ho finito di leggero. Mi sono bastati pochi giorni; non prima però di aver lasciato alle mie spalle Y&Y, York e Yanagihara. Ma, in realtà, quest'ultima la voglio recuperare, ora che scrivo questa nota.
(Attenzione SPOILER)
"Una vita come tante" racconta la storia di Jude. Il tema centrale di questo colossale romanzo è, a mio avviso, l'eracliteo "ethos anthropoi daimon", ossia "il carattere è un destino per l'essere umano". Jude infatti si trova a lottare contro il proprio destino, il quale è da ricercarsi non già in qualcosa di esterno (fili intrecciati da severe vecchie o biografie pre-scritte sulla dura pietra), bensì interiormente nella personale inclinazione a rapportarsi con se stessi e con il mondo, ossia il proprio carattere, e dunque nel modo in cui filtriamo la realtà e la giudichiamo, e in base a questo, il modo in cui finiamo per agire in essa. Certo, il "carattere" di Jude è determinato da una serie di eventi, da una "storia" che si è abbattuta su di lui e che gli impedisce di scrivere liberamente la propria; ma quello che rimane è il condizionamento interno: la modalità con la quale si fa i conti con il proprio passato, e il senso di inaluttabilità che si prova nei confronti di esso e che va a condizionare il rapporto con il futuro (che diventa altrettanto ineluttabile). Ebbene, non la voglio tirare troppo per le lunghe: Jude si trova ad arrendersi di fronte al proprio destino, nonostante l'aiuto che gli giunge dalle persone che lo amano e che si fanno in quattro per capirlo e sostenerlo. Una passaggio in particolare riassume questa vita che procede kata to chreon, secondo l'ordine della necessità:
"Sarò sempre la persona che ero, conclude. Il contesto potrà essere cambiato: potrà anche avere il suo appartamento, un lavoro che gli piace e che lo fa guadagnare bene, genitori e amici che ama. Potrà essere rispettato e, in tribunale, perfino temuto. Ma, fondamentalmente, è rimasto lo stesso: una persona che ispira disgusto, una persona destinata a scatenare odio. [...] Sa che x sarà sempre uguale a x, a prescindere da cosa lui decida di fare".
Giungiamo ora a "L'educazione". In questo caso abbiamo di nuovo un protagonista (anzi, una protagonista, la stessa Tara Westover) che si trova a lottare contro un destino, che in questo caso è il "destino familiare". È la storia di una ragazza del midwest americano educata in una famiglia mormona ortodossa, guidata da un padre paranoico che non crede nei Sistemi sanitario e scolastico (strumenti di Satana) e che decide di trattenere presso la propria casa moglie e figli, ricorrendo a una (inesistente) istruzione privata e alle cure omeopate (chiaramente, è la moglie a doversi occupare di tutto, vista la forte struttura patriarcale di questa minuscola comunità che vive in una fattoria a Buck Peak, Idaho). In questo caso, tuttavia, la giovane Tara riesce a sollevarsi contro il proprio destino, qui incarnato nella famiglia cui appartiene, e a diventare artefice della propria storia (lascia la casa paterna, si iscrive all'università, optando per gli studi storici, quindi Cambridge, dottorato, eccetera eccetera). Ma poter scrivere la propria storia ha un prezzo: essere esclusa dalla storia che intanto la sua famiglia continua a scrivere senza di lei; una storia in cui lei viene descritta come una persona debole, che si è arresa alla paura e a Satana, eccetera eccetera. Se da un lato c'è la liberazione, dall'altro anche un tremendo senso di solitudine, di abbandono, di perdita di sé (perché in fondo questo noi siamo: un intreccio di relazioni, e perdere queste significa perdere parte del proprio essere; ed è forse per questo che diamo moltissimo potere alle persone che amiamo e che temiamo di perdere, come viene detto a pagina 232).
C'è un passaggio che mi pare interessante (in realtà ho lasciato un sacco di "linguette" in questo libro, ma non mi è possibile riportare tutto ciò che ho sottolineato). Si tratta del momento in cui Tara, studiando la storia dei movimenti per i diritti civili, prende coscienza delle idee razziste presenti nei discorsi della propria famiglia -- idee di cui non si era mai accorta prima (un po' come la famosa "acqua" di David Foster Wallace).
"Qualcosa era cambiato. Avevo cominciato ad accorgermi di una cosa fondamentale che riguardava mio fratello, mio padre, me stessa. Avevo capito che eravamo stati scolpiti da una tradizione che ci era stata data da altri, una tradizione di cui eravamo volutamente o accidentalmente all'oscuro. Mi ero resa conto che avevamo prestato le nostre voci a un discorso il cui unico scopo era quello di disumanizzare e abbruttire gli altri - perché era più facile alimentare quel discorso, perché conservare il potere sembra la strada migliore" (p. 213).
Anche questo discorso è una forma di destino, al quale ci si può slegare attraverso la "educazione".
(28/08/2018)
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