Su Purity, la Città di K. e 1Q84


Dunque, perché non mi è piaciuto "Purity" di Franzen? Non mi è piaciuto perché l'ho trovato scritto male. Cercherò di motivare questo mio giudizio.

Uno dei romanzi più belli che ho letto negli ultimi anni è "Trilogia della Città di K." di Agota Kristof. Nel primo libro, intitolato "Il grande quaderno", i due protagonisti, che sono anche i narratori della storia, nello spiegare il modo in cui comporranno il loro diario, ci offrono un piccolo ma efficace manuale di scrittura. Ne riporto un passaggio:

"Dobbiamo descrivere ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che facciamo. Ad esempio, è proibito scrivere: 'Nonna somiglia a una strega'; ma è permesso scrivere: 'La gente chiama Nonna la Strega'. È proibito scrivere: 'La Piccola Città è bella', perché la Piccola Città può essere bella per noi e brutta per qualcun altro. Allo stesso modo, se scriviamo: 'L'attendente è gentile', non è una verità, perché l'attendente può essere capace di cattiverie che noi ignoriamo. Quindi scriveremo semplicemente: 'L'attendente ci regala delle coperte'".

Ora mi tocca riportare un brano tratto da "1Q84" di Murakami Haruki (autore che ho amato, ma che non riesco a leggere più), dove troviamo un altro consiglio di scrittura:

"Quel riferimento alle due lune non è sufficiente. Il passaggio è troppo breve. Vorrei che tu descrivessi la scena in modo più dettagliato e concreto. [...] Se parliamo dei soliti cieli stellati, ogni lettore nella sua vita ne ha visti in abbondanza. Sei d'accordo? Però, fino a prova contraria, di cieli con due lune non se ne sono visti molti. Se in un romanzo s'introduce una cosa che la totalità dei lettori non ha mai visto, è d'obbligo una descrizione il più precisa e dettagliata possibile". 

La bravissima Kristof e (il meno bravo) Murakami ci dicono che quando si tratta di scrivere su sentimenti o sensazioni e su cose inusuali occorre essere il più "concreti" possibili. Gli inglesi dicono "show, don't tell", ossia: "non raccontare, mostra!"; il che significa, ad esempio, che se vuoi scrivere in modo efficace non devi limitarti ad affermare che Giorgio è vecchio (cosa significa "vecchio"?), bensì devi descriverlo come si trattasse di descrivere una immagine che ti sta davanti: i capelli bianchi e radi, il corpo incurvato e sostenuto da un bastone, etc. (in questo modo, la parola vecchio diventa addirittura superflua). Questo discorso vale a maggior ragione se è necessario per la narrazione mostrare la vecchiaia di Giorgio. In modo analogo, se nel corso di una storia è decisivo il momento in cui due amici (personaggi chiave del romanzo) entrano in conflitto e iniziano ad odiarsi, è sbagliato scrivere: "Un giorno Giorgio e Carlo ruppero la loro amicizia"; bensì occorre mostrare come si è giunti a questa rottura, in modo da farci toccare la gravità della situazione che poi condizionerà l'intera vicenda. In caso contrario, ci limitiamo a raccontare una serie di fatti, come in una cronaca giornalistica, che difficilmente potrebbe "toccarci" emotivamente e rendersi "visibile" nella nostra testa.

A differenza di "Libertà" e "Le correzioni", ho trovato "Purity" piuttosto noioso; e così, anziché immergermi nella storia, mi sono concentrato su come è scritta. E ho scoperto che Franzen tende a raccontare, raccontare, raccontare senza mai mostrare (credo che su 100 pagine, ben 98 sono di raccontato). 

Fatto curioso: a pagina 249 c'è un Senatore americano che dice a una giornalista che lo sta intervistando: "Spero che non le dispiaccia se riassumo". Ecco, Franzen avrebbe dovuto apporre questa avvertenza all'inizio del romanzo: "Quello che seguirà è un riassunto di 630 pagine. Spero non vi dispiaccia".

Personalmente, preferisco i romanzi in cui prevale il mostrato; ma se la storia è buona e l'autore ci sa fare, leggo volentieri anche quelli in cui prevale il raccontato. Ora, il raccontato va benissimo per tenere alto il ritmo (questo è un punto di forza di Franzen, che ha davvero una scrittura limpida e veloce). Tuttavia, come ricordato sopra, in precise occasioni il raccontato deve essere assolutamente evitato, la penna deve rallentare per disegnare una immagine in movimento. 

Detto questo, possiamo finalmente considerare il "peccato" di "Purity", che consiste appunto nel non aver evitato il raccontato in alcuni momenti decisivi (che possono essere paragonati alla visione delle "due lune" di Murakami). Mi riferisco in particolare a tre luoghi in cui ci viene semplicemente riferito che: (1) un giorno Andreas non va più d'accordo con la madre (quando sino a poche righe prima era evidente il suo attaccamento); (2) il giorno in cui Andreas e Tom si incontrano diventano subito amici (ma, ripeto, ci viene soltanto detto); (3) un giorno Andreas scopre che questa amicizia con Tom si è rotta. Questi sarebbero tre episodi chiave della storia e, anziché mostrarci il drammatico evolversi della separazione affettiva tra madre e figlio, oppure l'entusiasmante legame di amicizia che si avverte tra due persone e il successivo perdersi di questa amicia, tutto è liquidato in poche righe, come un semplice "Ci sono due lune in cielo", oppure "La Piccola Città è bella". Se certe cose le ha capite anche Murakami, non capisco come Franzen possa passarci sopra. Poi è vero: Franzen sa raccontare molto bene; tuttavia, quando il suo racconto si fa fiacco (è il caso di "Purity"), ecco che i difetti si rendono subito visibili e fastidiosi. IMHO.

Ci sarebbero altre cose minori, ma credo di aver scritto anche troppo.


(05/01/2019)

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