Guardando il sole (a volte ci si brucia)
"Si invecchia innanzitutto non ai propri occhi, ma agli occhi degli altri; poi, pian piano, si finisce per convenire con l'opinione altrui."
Non credevo avrei scritto qualcosa su questo libro (è così, se un romanzo non mi piace non spreco un rigo in riflessioni). L'inizio mi è sembrato piuttosto anonimo. Poi, pagina dopo pagina, mi si è fatto chiaro che l'autore stava intessendo quella trama di vita che, per lo più, è anonima per tutti, per quanto possiamo trovarla esageratamente interessante (la nostra vita individuale, intendo). La storia narrata è quella di una donna inglese, Jean Serjeant. Si parte dalla Seconda Guerra Mondiale, quando lei è una bambina con la testa piena di domande sciocche e il corpo mosso da una estrema ingenuità, e si giunge al suo novantanovesimo anno di età, quando quelle domande e quella ingenuità sono ancora presenti (in effetti infanzia e vecchiaia qui si prendono per mano, quasi si trattasse del famoso punto della circonferenza che, secondo Eraclito, è sia un inizio che una fine). A un certo punto, il romanzo include anche il punto di vista del figlio di Jean, Gregory, e così la storia si sdoppia in due distinti fili che comunque rimangono intrecciati.
La prima parte del libro serve come raccoglitore di una sorta di materiale esistenziale. Si susseguono, secondo il ritmo vitale che è proprio dei bambini, diversi episodi, apparentemente insignificanti, e tuttavia pieni di significato. Episodi che si depositano nella coscienza della piccola Jean e che poi (nelle successive due parti del libro) ritornano in forma di ricordo, ma anche come peso per fare un bilancio finale. Che cosa rende una vita degna di essere vissuta? Questa domanda è la linea di basso continuo di questo romanzo, anche se non è sempre esplicitata. Un gioco di prestigio fatto dal suo zio preferito (un fallito, così dirà di sé, che non ha fatto altro che fuggire dalle proprie responsabilità), i racconti di un aviatore che si è "bruciato gli occhi" (metaforicamente) durante una missione di volo contro i tedeschi, la curiosità nell'apprendere che i visoni sono "ostinatamente attaccati alla vita". Tutte cose raccolte minuziosamente; fatti e fatterelli, che solo in apparenza scivolano via, come polvere dal corpo, durante questa frenetica corsa (verso la morte) che chiamiamo esistenza.
Già, solo in apparenza tutto questo scivola via, in realtà ogni più piccolo evento che ci riguarda concorre a realizzare (nel bene e nel male) ciò che siamo. La prima parte del romanzo presenta l'infanzia come un'età di formazione: sogni, incubi, speranze, traumi, piccoli accadimenti che, anziché cadere nel nulla di un passato che non torna, ci accompagnano per tutta la vita. Un bagaglio che nel periodo della giovinezza magari viene dimenticato (o che si cerca di rimuovere); ma quel bagaglio ce lo portiamo sempre appresso, quasi fosse contenuto in un capiente zaino che non possiamo toglierci dalle spalle. Così, nelle successive due parti del romanzo, quel passato ritorna, ed è vissuto ripetutamente da Jean, in una forma così delicata che commuove il lettore (se è dotato di un minimo di sensibilità per queste cose).
Accanto a Jean, come si è detto, fa la sua comparsa suo figlio. Da bambino Gregory è piuttosto taciturno e introverso. Crescendo si fa chiaro che è una sorta di "uomo senza qualità", una persona priva di una personalità chiara, priva di certezze riguardo a ciò che è giusto o sbagliato, riguardo al senso della vita. Col passare degli anni (della pagine), il suo disorientamento si amplifica, ma ciò non gli impedisce di cercare di essere una persona decente. Semplicemente, osserva con distacco (a volte con invidia) quanti riescono a individuare il proprio posto nel mondo. Se la domanda che guida Jean è "Che cosa rende un vita degna di essere vissuta?", Gregory indugia su altre domande: perché ci ostiniamo a vivere e non ci suicidiamo? Cosa ci tiene in vita? Qual è il senso dell'esistenza? Quale Dio regola la realtà, posto che Dio esista? (A tal proposito, sono bellissime le pagine in cui Gregory butta giù tutta una serie di ipotesi sulla natura di Dio, chiedendosi se esso sia buono o indifferente, onnipotente o limitato, e se il mondo in cui viviamo è il mondo migliore possibili oppure un semplice esperimento di un Dio imperfetto, una prova, poi accantonata, etc.)
Non dico come si conclude il romanzo, per non spoilerare. Dico solo che, di Barnes, ho preferito "L'unica storia", ma anche questo romanzo merita di essere letto.
(19/06/2019)
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