La sfera del buio (La Torre Nera IV)
Nel riflettere sul primo libro della saga La Torre Nera (qui il link) avevo richiamato questi versi di Dante (Inferno, 26, vv. 34-35) per descrivere la figura di Roland, la sua disperazione e la sua marcia ostinata, priva di amore, entro un desolato deserto. Un amore assente, o comunque subordinato al ka, al dovere, all’obiettivo perseguito dal pistolero: raggiungere la Torre Nera.
Nel corso dei successivi libri, si è visto, il ka dell’ultimo cavaliere si è allargato in un ka-tet, il destino condiviso da un gruppo di amici: Roland, Eddie, Susannah e Jake. Ma anche in questo caso, e nonostante il riscatto compiuto nel terzo libro (qui il link), l’amore sembrava sempre a rischio, minacciato da uno scopo più alto:
“No”, rispose Roland. “Né questa volta, né mai più.” Eppure, nell’oscurità profonda del suo cuore, pensò alla Torre Nera ed ebbe un dubbio.
Uno scopo, presentato con gli abiti nobili del destino/ka, che, nel quarto libro, e per la prima volta, Roland mette in questione: “C’è un vocabolo negativo che vuol dire la stessa cosa. È ossessione.” E ossessione non è che un modo diverso di chiamare il dio al quale ci si vota completamente e a cui tutto si sacrifica, in primis la propria vita, ma anche quella degli altri, compresa la vita di chi si ama. Ma veniamo al libro.
La sfera del buio è soprattutto una storia di amicizia e d’amore. Nella parte centrale del romanzo siamo condotti indietro nel tempo, quando Roland era un adolescente. Attraverso questa lunga digressione, il protagonista ci racconta di quando, in compagnia di Cuthbert e Alain, ebbe l’occasione di mettersi alla prova come pistolero e di mettere alla prova il proprio cuore. Se in altre storie, come IT e Stand by Me, King ha dimostrato una straordinaria abilità nel narrare la vita e le relazioni tra pre-adolescenti, qui il Re ci offre un’ulteriore prova delle sue incredibili capacità di immergere il lettore in una età che, probabilmente, quest’ultimo ha lasciato alle proprie spalle e che forse ha dimenticato. Nel farlo, King non ci presenta emozioni e caratteri tagliati con l’accetta, ossia maschere definite. Infatti, l’adolescenza è questo: un magma di stati d’animo che si mescolano, dove è difficile discriminare la luce dal buio, il bene dal male, e dove l’affetto si fonde con la gelosia, l’altruismo con l’egoismo, la devozione col risentimento. Si tratta di un terzetto i cui membri pensano, sentono e agiscono all’unisono… ma la cui eccitabilità può portare come niente a incomprensioni, silenzi, rivalità.
Come si è detto, questa è anche una storia d’amore. E sarà l’amore tra Roland e una ragazza, Susan, la dolcissima e coraggiosa Susan, a scombinare il ka-tet del terzetto. Più di una volta, durante la lettura di queste pagine, mi è venuto in mente un quadro di Bruegel il Vecchio, Il trionfo della morte, dove è rappresentata una scena terrificante in cui gli umani vengono sterminati da un esercito di scheletri (la missione che vede impegnati i tre amici non contempla un’armata simile, ma si tratta comunque di uno scontro epico, con le dovute proporzioni); tuttavia in questo quadro c’è anche un elemento dissonante: in un angolo (in basso a destra) vi sono due amanti che cantano lieti, indifferenti a tutti tranne che a loro stessi, mentre il mondo che li circonda va in fiamme.
È serio? È utile?
Che se ne fa il mondo di due esseri
che non vedono il mondo?
A un certo punto, sembra che Roland sia del tutto perso in questo amore che non gli fa vedere il mondo (ripeto: sembra, la cosa non mi è ancora del tutto chiara); sembra che il ka-tet che lo univa a Cuthbert e Alain si sia spezzato: c’è una missione, c’è una battaglia che infuria là fuori, e Roland sembra essersene scordato, mentre giace tra le braccia di Susan. Non voglio insistere troppo, perché questa storia merita di essere letta e non è il caso di aggiungere altri particolari. Procedo ricordando i versi finali della poesia di Szymborska:
dica pure che in nessun luogo esiste l'amore felice.
Con tale fede gli sarà più lieve vivere e morire.
Ora, non dirò nulla riguardo all’amore tra Roland e Susan, non dirò se è stato felice o infelice; sappiamo però che il pistolero, diventato adulto, si trova a marciare verso la Torre Nera disperando per una mancanza d’amore. Ed è questo libro, o meglio, è la lunga e meravigliosa parte dedicata al giovane pistolero, al suo primo ka-tet e alla relazione con Susan, che ci spiega le origini della attuale condizione di Roland, i suoi tormenti, gli scrupoli che vive nel mettere equilibrio tra amore e dovere, tra l’affetto che prova per i suoi nuovi amici e la Torre Nera. In tal senso, La sfera del buio è un capitolo importantissimo per completare il quadro sinora contemplato, al di là della bellezza della storia narrata.
Prima di chiudere questa nota, vorrei menzionare brevemente un passaggio del libro che mi ha colpito. Si tratta di un luogo apparentemente marginale. La scena è questa: abbiamo una strega, Rhea, e una sfera di cristallo che le permette di spiare quanto accade al di fuori della squallida capanna in cui vive. Nulla di nuovo, penserete. Vero, però a un certo punto, attraverso la messa in luce del rapporto che questa vecchia intrattiene con la sfera, King ci descrive un tratto della nostra psicologia che è quanto mai attuale e che si è esacerbato in questi tempi dominati dai social media (ricordo che La sfera del buio è del 1997, quando Tik-tok, Instagram, ecc., ancora non esistevano). In questo passaggio sono descritte non solo le nostre debolezze, ma anche, in modo preveggente, le gabbie in cui oggi siamo rinchiusi — gabbie che, giorno dopo giorno, rischiano di stringersi sempre più fino a soffocarci. La sfera ha preso il controllo della vecchia, la quale ormai vive attaccata a essa, nutrendosi di ciò che vede (e cedendo alla sfera la propria vita, il proprio essere, fino a ridursi a una sorta di Gollum), e ciò che vede (ciò che desidera vedere) sono gli episodi più bassi, meschini, vergognosi, imbarazzanti dell’umanità che la circonda. Ecco come King ce la descrive:
Assisteva soprattutto a infime brutture: ragazzi che si masturbavano spiando dal buco della serratura le sorelle intente a spogliarsi, mogli che frugavano nelle tasche dei mariti a caccia di soldi o tabacco, Sheb, il pianista, che leccava il sedile della seggiola dove la sua puttana preferita si era accomodata per qualche minuto, una cameriera di Frontemare che sputava nella federa del guanciale di Kimba Rimer dopo che il cancelliere l’aveva presa a calci per non avergli ceduto il passo con la dovuta solerzia.
Erano tutti episodi che confermavano l’opinione che si era fatta della società che aveva abbandonato. Certe volte rideva come una matta, certe volte parlava alle persone che vedeva nella sfera di cristallo come se potessero udirla. Il terzo giorno della settimana prima delle Messi aveva smesso di andare alla latrina anche se avrebbe potuto portare con sé la sfera, e intorno a lei l’aria aveva cominciato a saturarsi del tanfo acre della sua orina.
La sfera di cristallo che ha irretito la vecchia strega non è uno strumento neutro. Essa esercita una forma di dominio sul soggetto che la possiede: offre immagini che irretiscono, offre del cibo spazzatura che intossica colui che se ne nutre; e la cosa spaventosa è che la sfera diventa sempre più potente, trae forza da questo processo di consunzione. Mi viene in mente, a tal proposito, l’acuta osservazione di David Foster Wallace (espressa nel 1996 durante una intervista riportata da David Lipsky in Come diventare se stessi. David Foster Wallace si racconta, 2010) a proposito della tecnologia, che riporto qui sotto (e con questo ho concluso):
E man mano che internet cresce, così come la nostra capacità di collegarci l’uno all’altro… voglio dire, io e te avremmo potuto fare questa cosa via e-mail, non ti avrei mai dovuto incontrare di persona e tutto mi sarebbe venuto più facile. Giusto? Ecco, a un certo punto dovremo costruirci un meccanismo, a livello viscerale, che ci aiuti a far fronte a questa cosa. Perché la tecnologia non farà che diventare sempre più avanzata. E diventerà sempre più facile, sempre più comodo e sempre più piacevole starsene soli con delle immagini sullo schermo, forniteci da persone che non ci vogliono bene ma vogliono i nostri soldi. Il che va anche bene. In piccole dosi, no? Ma se questa è la base della tua alimentazione, va a finire che muori. In un senso profondo, va a finire che muori.
(14/07/2025)
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