Post Office


Perdere dei soldi non è il massimo. Perdere 100 (cento) euro è una cosa che ti fa agitare i pugni contro il cielo. Ecco, qualche giorno fa ho perso 100 euro. Spero siano finiti nelle tasche di qualcuno che ne ha più bisogno di me, ma di solito non vanno così le cose. Amen. Per rimediare al "danno" ho deciso di non comprare libri per un po' (mi dispiace per la mia libraia preferita) e leggerò soltanto quei testi che già possiedo e che non ho mai letto, o che ho letto così tanto tempo fa da essermene dimenticato. Visto che questa perdita monetaria mi ha fatto sentire piuttosto "miserabile", ho iniziato con "Post Office" di C. Bukowski (ne parlerò tra poco). Quindi il piano prevede "Cecità" di Saramago (che sto leggendo da ieri) per poi passare al Meridiano di Kuwabata, mio ultimo acquisto che ho trovato a metà prezzo in un negozio di libri usati durante il mio ultimo giro a Venezia. Le altre letture devo ancora deciderle.

Dunque, veniamo a Bukowski. Avevo già letto "Post Office" anni e anni addietro. Ricordo che mi era piaciuto. Sempre di Bukowski in passato ho letto alcune raccolte di poesia. Che dire, tra tutte quelle che mi sono passate sotto gli occhi, confesso che me ne piacciono soltanto un paio, entrambe contenute in "Quando eravamo giovani". Riporto quella più breve, che in un certo senso contiene quello che è il messaggio di B. che più apprezzo: l'indulgenza (o pietas?) nei confronti delle debolezze altrui (e forse anche quelle personali).

"Le bugie hanno le gambe corte" (da "Quando eravamo giovani"):

Gruppo di ragazzi seduti a bere e Louie
salta su, dice che era in questa camera da letto
a darci dentro quando la donna sotto di lui esclama:
"è mio marito! sento la chiave nella porta!".
Louie balza in piedi, c'era solo una via
d'uscita, attraverso la finestra del bagno, era
al secondo piano ma lui ci si butta lo stesso,
lasciando i pantaloni, la camicia, le scarpe, tutto lì,
si sporge dalla finestra, a culo nudo, e scivola
giù lungo lo scolo dell'acqua.
a tre quarti del viaggio perde la presa,
cade al suolo, si rialza con una distorsione e
uno slogamento alla caviglia e zoppica fino all'auto
parcheggiava sul retro e vola via sgommando nella notte,
completamente nudo ma ancora vivo!
i ragazzi ridono: "cazzo, Louie, l'hai 
fatta franca!".
come la vedevo io, Louie non avrebbe potuto
mettere in moto senza i pantaloni con le chiavi dentro.
sapevo di poterlo sbugiardare, ma 
a che pro?
un altro tizio con una storia piena di balle
mentre io stavo pensandone una per conto mio.

Insomma, zoppichiamo un po' tutti; dunque perché additare con disprezzo chi, incespicando accanto a noi, si atteggia a grande corridore? Se danno non fa, a che pro? Lasciamo che chi zoppica (ripeto, lo facciamo tutti) possa almeno sognare. Veniamo dunque a "Post Office". Ecco, rileggendolo ho trovato questo breve romanzo davvero imbarazzante. Qui Bukowski mi è sembrato un epigono di John Fante (in effetti Bukowski considerava Fante il suo "dio"), per cui tanto vale rimanere sull'originale (posto che, a parte "Aspetta primavera, Bandini", non ho trovato così eccezionale la produzione fantiana). E tuttavia, ci sono delle chicche in "Post Office", e c'è anche qualcosa da imparare, leggendolo: in primis, quel modo di essere indulgenti di cui ho detto sopra; in secundis, un senso di vicinanza con gli ultimi che, nel tempo presente, stiamo pericolosamente smarrendo. Mi riferisco, giusto per rimanere al caso più recente, a quel consigliere comunale che, anziché farsi carico dei problemi di un suo concittadino invalido al 100%, ha pensato bene di deriderlo su facebook dandogli del parassita; quindi alle sempre più diffuse ordinanze anti-elemosina; e poi ai molti altri casi in cui agli ultimi, ai poveri (anche a quelli italianissimi), viene negata assistenza sanitaria, sociale, politica. E ancora, perché ce la prendiamo così tanto con gli immigrati e non con chi, dall'alto, ruba milioni dei nostri soldi? Semplicemente, credo, perché l'immigrato è povero, e i poveri ci ripugnano. Perché ci ripugnano? Perché non vogliamo essere come loro. Ecco, nel leggere questo passo di "Post Office" mi si è stretto qualcosa dentro:  

Uscii dalla stanza e parlai con un'infermiera al banco.
– Senta, perché non fate nulla per la donna della 45C? Betty Williams.
– Stiamo facendo il possibile, signore.
– Ma non c'è nessuno lì da lei.
– Facciamo i nostri giri di routine.
– Dove sono i dottori? Non ne vedo neanche uno.
– Il dottore l'ha già visitata, signore.
– Perché la lasciate lì così?
– Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, signore.
– SIGNORE! SIGNORE! SIGNORE! LASCI PERDERE QUESTA FARSA DEL "SIGNORE", VA BENE? Scommetto che se fosse il presidente o il governatore o il sindaco o qualche ricco figlio di puttana ci sarebbe la stanza piena di dottori impegnati a fare qualcosa! Perché li lasciate morire così? È forse un peccato mortale essere poveri?


Dunque, ho perso 100 euro. Ma sono consapevole che non sono 100 euro in meno a rovinarmi la vita. La miseria, quella vera, intendo la miseria etica o spirituale o come volete chiamarla, sta altrove. Ogni tanto anche un Bukowski zoppicante ce lo può ricordare.


(24/07/2019)

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