Il condominio


Qualche mese fa hanno pubblicato (non ricordo su quale giornale online) un articolo in cui si parlava di un esperimento sociale (condotto da non ricordo chi) che consisteva nel lasciare incustodita un’automobile in due distinti quartieri (di una città americana, che non ricordo, scusatemi): la prima in una zona residenziale piuttosto pregiata, la seconda in una zona periferica degradata. Dopo alcune settimane, l'automobile posteggiata nella "zona bene" era ancora intatta, mentre la seconda automobile aveva subito diversi danneggiamenti e furti. In seguito hanno ripetuto l'esperimento, con una piccola variante: l'automobile posteggiata nel quartiere per bene era stata danneggiata volutamente da chi aveva condotto l'esperimento e... sopresa: in poco tempo, la macchina aveva subito lo stesso trattamento della gemella posteggiata nel quartiere "malfamato". La conclusione avanzata da chi aveva condotto la ricerca è la seguente: il degrado comporta altro degrado, indipendentemente dal tessuto sociale. (Spero di ricordare bene.)

Questa premessa mi sembra utile per comprendere uno dei tanti sottotesti de "Il condominio" di J.G. Ballard, su cui vorrei soffermarmi. Questo romanzo narra la storia di un condominio e dei suoi abitanti. Si tratta di un condominio-mondo, composto da mille appartamenti e da numerosi servizi: piscine, ristoranti, parrucchieri, supermercati, etc. etc. Si tratta, infatti, di un edificio destinato a persone benestanti, per quanto, chiaramente, i suoi abitanti siano divisi in classi sociali: nei piani più bassi troviamo la media borghesia, in quelli più alti l'alta borghesia (star dello spettacolo, dirigenti, e lo stesso architetto che ha concepito il condominio). La storia ha inizio quando la vita serena di questi condomini si incrina a causa di piccoli guasti (ascensori che smettono di funzionare, l'aria condizionata che va e viene, etc. etc.). In breve tempo, tali guasti hanno delle ripercussioni sui suoi abitanti: i rapporti da cordiali diventano conflittuali; prende il via una sorta di conflitto, sempre più violento, tra vari gruppi di condomini (suddivisi in piccole tribù a seconda dei vari piani); il clima paradisiaco viene sostituito da una guerra di tutti contro tutti. Questa dinamica mi ha ricordato la trama de "Il dio del massacro" di Yasmine Reza, portato sul grande schermo da Polanski col titolo "Carnage" (anche se in questo caso, il massacro avviene tra due coppie che, a causa di uno screzio, fanno cadere la maschera delle convenzioni sociali per attaccarsi verbalmente a vicenda).

Ma torniamo al "Condominio". Qui viene descritta la fatica di assecondare le convenzioni proprie della nostra società: la fatica dipende dal fatto che occorre reprimere tutta una serie di pulsioni primitive ed egoistiche in nome della convivenza civile. Si tratta di ubbidire a una sorta di autorità che ci signoreggia, che limita la nostra libertà, al fine di poter garantire gli equilibri sociali e una vita migliore rispetto a quella del "bellum omnium contra omnes" (sì, lo sfondo filosofico-politico di questa storia è, mi pare, piuttosto hobbesiano). Ho parlato di fatica: in effetti, è più comodo gettare un sacco della spazzatura dalla finestra che dover scendere al piano terra col sacco in mano e riporlo come si deve nei cassonetti. Ho parlato anche di una autorità che ci signoreggia: se evitiamo di gettare i rifiuti dalla finestra è perché sentiamo la presenza di un'autorità che ci osserva, giudica, e ci impedisce di farlo (qualcuno chiamerebbe tale autorità "Super-Io"). Questa autorità, d'altra parte, riesce ad esercitare il proprio potere costrittivo nella misura in cui l'ambiente è a sua volta regolato da essa. Detta in modo semplicistico, se le persone intorno a noi si comportano bene, saremo indotti ad adottare la stessa condotta (salvo eccezioni); e viceversa. Il romanzo narra la storia di questo "viceversa". Il primo sacco di spazzatura gettato dalla finestra da un inquilino esasperato per i continui problemi che sorgono nel proprio appartamento (problemi che, a differenza del passato, non vengono immediatamente risolti dall'amministratore) dà il via a una ribellione contro quella invisibile autorità: i sacchi lanciati saranno due, poi tre, e così via; ben presto nessuno scenderà più al piano terra per riporre le immondizie nei cassonetti, e i rifiuti si accumuleranno come in una discarica (visto che i netturbini si rifiuteranno di pulire gli spazi che non sono di loro pertinenza). Col passare dei giorni le violazioni delle regole basilari per una buona convivenza sono sempre più numerose e quel condominio-mondo si chiude in se stesso riproducendo una mitica ordalia che vede l'imbarbarimento generale. È come se i mille condomini si liberassero della pelle che li rende umani per indossare la pelliccia del lupo di Hobbes. A tal proposito riporto questo passo:

"Da settimane Laing non ascoltava più nessuno dei dischi che aveva raccolto con tanta cura nella sua discoteca. Perfino il suo linguaggio si era fatto più rozzo. Si ripulì con le dita lo spesso strato di nero che aveva sotto le unghie. Ma Laing vedeva quasi con favore quel disfacimento, tanto della sua persona quanto dell'ambiente in cui viveva. In un certo modo si costringeva a procedere per quella china, come se stesse scendendo in una valle proibita. Lo sporco delle mani, il sudiciume dei vestiti e l'igiene declinante, il disinteresse per il cibo e le bevande, tutto contribuiva a mostrare una più realistica immagine di sé".

Non so se Ballard condivide l'idea espressa nel "Viaggio al termine della notte" di Céline, secondo cui "La gran fatica dell’esistenza non è forse insomma nient’altro che questo gran darsi da fare per restare ragionevoli venti, quarant’anni, o più, per non essere semplicemente, profondamente se stessi, cioè immondi, atroci, assurdi". Se così fosse, significherebbe semplicemente che l'essere umano è irrimediabilmente "cattivo" e semmai non fa altro che fingere di essere ciò che non è, ossia "buono". Personalmente, preferisco vederla in questi termini: il degrado ambientale comporta anche un degrado morale.

Forse ora si capisce perché ho fatto riferimento all'esperimento sociale di cui sopra. Si potrebbe estendere lo sguardo dal "Condominio" alle periferie delle nostre città, e constatare come il loro abbandono da parte della politica sia innanzitutto un abbandono dell'uomo da parte dell'uomo.

(12/09/2019)

Commenti

Post popolari in questo blog

L’ultimo cavaliere (La Torre Nera I)

La sfera del buio (La Torre Nera IV)

La chiamata dei tre (La Torre Nera II)