Crossroads


Non credevo avrei più scritto alcuna nota sui romanzi che leggo. Non credevo avrei scritto più alcuna nota su un romanzo di Franzen, dopo la delusione di "Purity". Invece, eccomi qua. Non si tratta di una vera e propria nota, ma semplicemente una segnalazione.

Ho letto l'ultima fatica di Franzen, "Crossroads" (Einaudi, 629 pp.), in pochi giorni. Non mi capitava da tantissimo tempo di trovarmi tra le pagine di un libro in ogni momento libero della giornata (e della notte). Franzen ce l'ha fatta di nuovo (dopo "Le correzioni" e "Libertà") a scrivere una storia magnetica.

La tipologia, se così si può dire, è sempre quella: un romanzo famigliare, in cui i legami tra i vari componenti (genitori e figli) sono sottoposti alla dura prova del tempo e di tutto ciò che fa fluire il tempo umano: passioni, egoismi, progetti, desideri, cedimenti.

Ne esce anche un interessante spaccato della provincia americana degli anni '60-'70, pervasa da un senso religioso che, per quanto mi riguarda, è decisamente alieno (ma non respingente).

Non credo sia il miglior Franzen. Alcune cose mi hanno infastidito (anche in questo caso, come in "Purity", uno dei personaggi vive una rivoluzione interiore che sembra poco giustificata; si aggiunga poi l'eccessivo ricorso al raccontato, oppure il solito cliché "Italia = Roma e Toscana"), ma nel complesso il mio giudizio è più che positivo.


(17/11/2021)

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