La ricreazione è finita
Ho lasciato il mondo accademico cinque anni fa e fino a oggi nessun pentimento. Cosa ne ho guadagnato? Sicuramente tempo (e il tempo è vita) e salute. Il motivo alla base della mia scelta è semplice: non mi sentivo adeguato a quel mondo, soprattutto a causa della mia pigrizia e della mia scarsa resistenza allo stress.
Leggere questo romanzo è stato come tornare a quel periodo. Nella nota dell’autore, Dario Ferrari scrive che la vicenda è irreale ma (spera) non irrealistica. In effetti, ho avuto modo di riconoscere alcuni “tipi accademici”: non tanto nei professori/baroni quanto negli studenti/dottorandi/assistenti/servidellagleba che animano la storia. Che effetto mi ha fatto ritornare a quel mondo? Non mi ha lasciato indifferente, alcune parti mi hanno emozionato, ma per fortuna non sono riaffiorati eventuali traumi (forse perché, in effetti, per me non è stato così traumatico… e per fortuna, mi vien da dire).
Ma il libro di che parla? Molti di voi già lo avranno letto, visto che non è così recente, quindi non sto qui a riassumerlo. Dico soltanto che è uno di quei romanzi che vorrei aver scritto io: è intelligente, ironico, cinico quanto basta, a tratti commovente, e profondo senza essere pedante (credo anche accurato nella ricostruzione di alcuni contesti storici, ma non ci metto la mano sul fuoco).
A parte questo, si tratta di una storia che mi ha messo in contatto con me stesso. In particolare, questo contatto si è reso possibile sulla traccia di due autori a me cari: Calvino e Girard. Per quanto riguarda il primo, il romanzo rovescia un confortante messaggio di Calvino (“Alle volte uno si crede incompleto, ed è soltanto giovane”), per cui mi sono trovato ad ammettere con Ferrari che “a volte uno si crede giovane, e invece è soltanto incompleto”. Ci vuole una certa dose di coraggio (non grandissima, ma tant’è) per giungere a questa ammissione. Per quanto riguarda Girard, nel romanzo emerge la questione del desiderio e dei meccanismi (inconsci) che stanno alla base di esso: per lo più desideriamo ciò che è desiderato dagli altri, giusto per sentirci più completi, e ciò comporta spesso dei disastri (se non delle catastrofi) esistenziali. Questo vale per le relazioni sentimentali, ma anche per quei progetti di vita che spesso finiscono col signoreggiarci… e finiscono col signoreggiarci perché si tratta di desideri che non corrispondono a ciò che siamo. E anche in questo caso, ci vuole una certa dose di coraggio per ammettere a noi stessi che siamo asserviti a un modello che ci è alieno e che ci sta consumando.
In conclusione, ne consiglio la lettura, anche a chi non ha mai messo piede in una università. E al di là di quanto ho scritto in questa nota, si tratta di una storia che sa strappare anche delle risate, oltre a qualche nascosta lacrimuccia.
(27/04/2025)
Commenti
Posta un commento