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I formidabili Frank (o delle divinità domestiche)

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Questo romanzo narra la storia di una famiglia i cui fili sono intessuti dalle mani di Hank, una donna sofisticata dalla spiccata personalità narcisistica, che costruisce intorno a sé un gruppo di "formidabili", che devono corrispondere ai suoi rigidi e dispotici canoni estetici. Ne sono vittima un po' tutti i famigliari, in particolare suo nipote Michael, che è anche la voce narrante del romanzo. Di questa storia voglio fare riferminento a un punto soltanto, che è quello del rapporto figli/genitori.  "Da sempre nutrivo un grande interesse per le nostre origini, ma adesso cominciava una fase in cui cercavo i fatti, la storia, il contesto e ogni documento riguardante la mia famiglia su cui potessi mettere le mani in modo lecito o illecito, in cerca di indizi per decifrare la mente di queste persone che mi tormentavano e mi inquietavano come divinità domestiche che sputavano fuoco e che io dovevo, per volere della sorte, cercare di placare se non volevo soccombere...

Facciamo che ero morta

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Continua la serie di letture felici offerte dalla penna di un'autrice donna. Questa volta si tratta di Jen Beagin, giovane scrittrice americana, il cui passato da "cleaning lady" viene ripreso e diventa occasione per dare forma a questo romanzo, il quale narra le vicende di una ventiquattrenne che per guadagnarsi da vivere fa le pulizie e che per dare un minimo senso alla propria esistenza fotografa il proprio corpo nelle case in cui lavora e colleziona oggetti inutili che raccoglie giorno dopo giorno. Se dovessi isolare una frase che funga da chiave di lettura della storia, sceglierei questa (si tratta di un pensiero che balena nella mente della protagonista, Mona, quando conosce un ragazzo di nome Gesù [si chiama proprio così]): "Gesù era uno dei pochi fortunati che escono dall'infanzia integri: il suo passato non era una massa immobile e sconfinata con un microclima a parte." Il titolo del romanzo si riferisce a un gioco che Mona faceva da piccola: finger...

L’occhio del monaco e il letto di Wittgenstein

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Perché non ci lasciano in pace, i morti? Spargono i loro nomi sulla strada su cui dobbiamo camminare, insinuano i versi delle loro poesie nell'ultimo sonno prima del mattino e poi di nuovo se ne vanno, assenti come fosse una professione, volgendosi altrove, senz'occhi, nascosti dentro il loro gergo, il dialetto che i morti parlano tra loro, a noi inaccessibile, razza senza passaporto né voce che irrompe nella nostra memoria senza preavviso, ci cammina accanto si siede sul bordo del letto in cui un tempo si stendevano. (Cees Nooteboom, "L'occhio del monaco ", tr. it. di Fulvio Ferrari, n. 27) L'immagine dei morti che si accostano al bordo del letto, quel letto dal quale sono scivolati via morendo, mi pare possa essere vista come un affacciarsi dei morti sul mondo. Un mondo-letto. Quel mondo che, per dirla con Wittgenstein, coincide col linguaggio, per cui «I limiti del mio linguaggio significano i limiti del mio mondo» (Tractatus logico-philosophicus, 5.6). Per...

Su Purity, la Città di K. e 1Q84

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Dunque, perché non mi è piaciuto "Purity" di Franzen? Non mi è piaciuto perché l'ho trovato scritto male. Cercherò di motivare questo mio giudizio. Uno dei romanzi più belli che ho letto negli ultimi anni è "Trilogia della Città di K." di Agota Kristof. Nel primo libro, intitolato "Il grande quaderno", i due protagonisti, che sono anche i narratori della storia, nello spiegare il modo in cui comporranno il loro diario, ci offrono un piccolo ma efficace manuale di scrittura. Ne riporto un passaggio: "Dobbiamo descrivere ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che facciamo. Ad esempio, è proibito scrivere: 'Nonna somiglia a una strega'; ma è permesso scrivere: 'La gente chiama Nonna la Strega'. È proibito scrivere: 'La Piccola Città è bella', perché la Piccola Città può essere bella per noi e brutta per qualcun altro. Allo stesso modo, se scriviamo: 'L'attendente è gentile', non è una verità, perché l'attendent...

L’unica storia

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"L'unica storia", nel suo significato generale, è la storia d'amore che segna la vita di ogni individuo: quella storia (non importa se lunga o corta, felice o infelice) che plasma l'esistenza di chi la vive e che si eleva a modello (positivo o negativo) che va a condizionare ogni altra storia (non solo d'amore). In questo caso specifico (il romanzo di Barnes), abbiamo un ragazzo di diciannove anni (Paul), che vive con i propri genitori in un sobborgo londinese, e una donna di quarantanove anni (Susan), sposata, con due figlie. Temporalmente ha tutto inizio nei primi anni Sessanta. C'è un verso di "Time" dei Pink Floyd che dice "Hanging on in quiet desperation is the English way". Ecco, questa (unica) storia narra del tentativo di sganciarsi dalla quieta disperazione propria del modo d'essere inglese. L'esito non è meno disperante, ma almeno risponde a una decisione, a una scelta di sé. A questo proposito (parlo del coraggio di d...

Le acque del Nord

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"Per un momento Sunmer prova un grande sollievo per questa conclusione così evidente e sensata, di facile e veloce intuizione, ma ben presto, ancor prima di riuscire a godersi la nuova sensazione, gli viene in mente che la sua è una libertà vuota, la libertà di un vagabondo o di una bestia. Se lui è libero, nel suo stato attuale, allora anche il tavolo di legno che ha davanti è libero, e anche il bicchiere vuoto. E cosa vuol dire libertà? Certe parole sono sottili come fogli di carta, si sbriciolano e si strappano sotto la minima pressione. Contano solo le azioni, pensa per la decimillesima volta, solo gli eventi. Tutto il resto è vapore e nebbia. Ordina un altro bicchiere e si lecca le labbra. Pensare troppo è un grave errore, ricorda a se stesso, un grave errore. La vita non è decifrabile, non si può assoggettarla a forza di chiacchiere, occorre viverla, sopravviverla, in tutti i modi possibili". Questo romanzo di Ian McGuire narra la storia di una baleniera diretta verso i...

Caratteri & Demoni

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Ho finito di leggere "L'educazione" di Tara Westover. Questo romanzo ha avuto la sfortuna di giungere dopo la lettura di "Una vita come tante" di Hanya Yanagihara, che mi aveva fatto gridare al miracolo (poi alcuni amici se ne sono detti delusi, ma questo è un altro discorso). Avevo abbandonato la lettura dell'Educazione dopo qualche decina di pagine: mi annoiava e mi sentivo sin troppo legato al romanzo della Yanagihara e al senso di perdita che continuavo a provare dopo averlo concluso (credo che nessun altro romanzo avrebbe potuto reggere a questa prova). Quindi c'è stato il mese a York, durante il quale non ho letto nulla. Comunque sia, ho finito di leggero. Mi sono bastati pochi giorni; non prima però di aver lasciato alle mie spalle Y&Y, York e Yanagihara. Ma, in realtà, quest'ultima la voglio recuperare, ora che scrivo questa nota. (Attenzione SPOILER) "Una vita come tante" racconta la storia di Jude. Il tema centrale di questo c...